In questi giorni raccolgo parole.
Parole di resilienza condivisa, che traspongo sulle mie tele.
E' stata un idea che sta continuando ad arricchirsi di voci e contributi, un modo per sentirsi vicini, di sostituire la pandemia con la pan patia, per utilizzare un espressione del filosofo prof. Aldo Masullo, appena scomparso.
"C’è uno stato di sofferenza non individuale ma di tutti, quindi l’unica arma che rimane è quella del coraggio di resistere."
Ho cominciato qualche settimana fa la raccolta di parole per resistere, condividere, superare, dotarsi di nuovi significati e motivazioni.
La parola condivisa oggi è "reinventarsi".
L'ha scelta Ilaria, ma sento avvicinarsi l'urgenza di doverlo fare anche io.
Dover rivoluzionare il mio modo di fare aula, come in tanti, certo l'hanno già abbracciato.
Ma noi, formatori esperienziali, che di occhi, sguardi e tocco ne facciamo il centro, della relazione che rimette in moto motivazione e creazione, sento che abbiamo un compito totalmente sconosciuto.
Ristabilire una relazione che funziona, dentro e fuori la persona, provocare un desiderio di potersi esporre e rischiare nuove modalità .
Come si fa da dietro uno schermo?
Certo si fa, si fa, ma io ho voglia di sentire il suono delle tele e delle carte veline, delle risate e dei sospiri di persone che cercano in aula con chi condividere il racconto di un foglio.
Voglio incrociare occhi che so dove stanno guardando.
In effetti oggi, ho un gran desiderio di poter guardare anche l'occhio mio, che continua a guardare da dietro un vetro opaco e mi allontana dagli altri e pure da me, mi allontana dal poter essere indipendente, e mi avvicina alla riflessione di quanto siamo perfetti ed allo stesso tempo quanto fragili.
Basta solo un piccolo frammento che si stacca dal resto per impedirne il funzionamento.
Dunque non solo reinventarmi oggi sento come parola necessaria, ma il dover superare l'attesa di poter ricominciare.
Un attesa che non dipende solo dal governo, ma dal mio occhio che oggi mi governa dentro.
Leggi gli alti post sulla resilienza e le parole nate in questi giorni, sul come ed il perché.
Come puoi sentirti meglio scegliendo le parole giuste
Andrà tutto bene un gatto!
Io penso positivo? Non è un obbligo
Parole di resilienza condivisa, che traspongo sulle mie tele.
E' stata un idea che sta continuando ad arricchirsi di voci e contributi, un modo per sentirsi vicini, di sostituire la pandemia con la pan patia, per utilizzare un espressione del filosofo prof. Aldo Masullo, appena scomparso.
"C’è uno stato di sofferenza non individuale ma di tutti, quindi l’unica arma che rimane è quella del coraggio di resistere."
Ho cominciato qualche settimana fa la raccolta di parole per resistere, condividere, superare, dotarsi di nuovi significati e motivazioni.
La parola condivisa oggi è "reinventarsi".
L'ha scelta Ilaria, ma sento avvicinarsi l'urgenza di doverlo fare anche io.
Dover rivoluzionare il mio modo di fare aula, come in tanti, certo l'hanno già abbracciato.
Ma noi, formatori esperienziali, che di occhi, sguardi e tocco ne facciamo il centro, della relazione che rimette in moto motivazione e creazione, sento che abbiamo un compito totalmente sconosciuto.
Ristabilire una relazione che funziona, dentro e fuori la persona, provocare un desiderio di potersi esporre e rischiare nuove modalità .
Come si fa da dietro uno schermo?
Certo si fa, si fa, ma io ho voglia di sentire il suono delle tele e delle carte veline, delle risate e dei sospiri di persone che cercano in aula con chi condividere il racconto di un foglio.
Voglio incrociare occhi che so dove stanno guardando.
In effetti oggi, ho un gran desiderio di poter guardare anche l'occhio mio, che continua a guardare da dietro un vetro opaco e mi allontana dagli altri e pure da me, mi allontana dal poter essere indipendente, e mi avvicina alla riflessione di quanto siamo perfetti ed allo stesso tempo quanto fragili.
Basta solo un piccolo frammento che si stacca dal resto per impedirne il funzionamento.
Dunque non solo reinventarmi oggi sento come parola necessaria, ma il dover superare l'attesa di poter ricominciare.
Un attesa che non dipende solo dal governo, ma dal mio occhio che oggi mi governa dentro.
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