Mi succede sempre così, a me, con i problemi.
Da lontano, mi fanno fare un sacco di discorsi complicati.
Quando poi ci vediamo, troviamo sempre il modo di metterci d’accordo.
Diego De Silva
Secondo alcuni studi abbiamo circa 50.000 pensieri al giorno.
La maggior parte sono automatici, e molti – forse troppi – sono negativi.
È come avere un navigatore interiore che ripete:
La maggior parte sono automatici, e molti – forse troppi – sono negativi.
È come avere un navigatore interiore che ripete:
“Fermati, tanto non sei capace.”
“Lascia perdere, non fa per te: la macchina, la palestra, il disegno, la scrittura, il lavoro, l’ordine.”
“Non piaci a nessuno.”
“Nessuno vuole giocare con te.”
“Nessuno mi ama.”
“Lascia perdere, non fa per te: la macchina, la palestra, il disegno, la scrittura, il lavoro, l’ordine.”
“Non piaci a nessuno.”
“Nessuno vuole giocare con te.”
“Nessuno mi ama.”
Hai presente quando sei bloccato nel traffico e il navigatore continua a insistere: “Gira a destra!”?
Cosa fai? Io lo spengo.
Oppure gli parlo e gli suggerisco un luogo alternativo dove potrebbe andare lui.
Ecco, dovremmo fare lo stesso con i pensieri ripetitivi.
Ecco, dovremmo fare lo stesso con i pensieri ripetitivi.
Prenderli a calci, immaginare di metterli in una palla e iniziare a giocare.
Inventarci modi per interromperli:
guardarli da una nuova prospettiva, farli parlare con un accento diverso, accelerare o rallentare la loro voce.
Cambierebbe qualcosa? Puoi scoprirlo solo provando.
I pensieri negativi ci influenzano come gocce che scavano la pietra.
“Gutta cavat lapidem”, dicevano i latini.
Cambierebbe qualcosa? Puoi scoprirlo solo provando.
I pensieri negativi ci influenzano come gocce che scavano la pietra.
“Gutta cavat lapidem”, dicevano i latini.
Lo so, si traduce “pietra”, ma preferisco “lapide”.
Perché sotto una lapide lasciamo passioni, curiosità , autostima, desideri di provare, anche solo per il gusto di fare.
Lasciamo la gioia.
Ci neghiamo i piaceri più semplici perché li etichettiamo come stupidi, cretini o da bambini.
Impossibili, non alla nostra portata.
Tornare a imparare qualcosa che ci piace ci fa sentire impacciati, certo.
È normale: è una cosa nuova, mai fatta o lasciata tanto tempo fa.
Così, però, non intraprendiamo azioni nuove.
Non sperimentiamo il cambiamento.
Non incontriamo persone nuove.
Rinunciamo a investire su noi stessi, a migliorarci, a premiarci.
Ogni novità ci porterebbe fuori dalla famosa comfort zone, quel guscio in cui ci sentiamo bravi e competenti.
Dove le azioni non comportano rischi, non ci portano ansia.
Ma spesso non ci portano neanche eccitazione, brividi, gioia o la soddisfazione di aver creato qualcosa di nuovo.
Di essere riusciti lì dove prima c’era solo un desiderio.
O il buco nero lasciato da una stella caduta, un desiderio spento nel cielo del nostro firmamento.
(Desiderio, dal latino de + sidus, sideris – “condizione in cui sono assenti le stelle”, mancanza di stelle.)
Ma davvero, nella comfort zone siamo competenti?
Forse ci sentiamo tranquilli al punto da non vedere quanto ridicoli e deleteri siano i nostri difetti.
Da non accorgerci di quanto sia imbarazzante ignorarli, soprattutto in contesti in cui sarebbe indispensabile migliorarli.
Anche non dubitare di sé può essere un punto debole.
Credere di non avere nulla da imparare.
Eppure, possiamo lavorare sulle nostre zone d’ombra.
Sui punti di debolezza reali e sui punti di forza invisibili.
Sui pensieri negativi, sui freni interiori, sui conflitti estenuanti.
Possiamo creare nuova consapevolezza.
Guardare lì dove le convinzioni sono limitanti e discordanti.
Dove abbiamo lasciato incolte risorse e capacità , per rendere disponibile nuova energia e creare armonia.
E tu, cosa farai per te nei prossimi giorni?
Cosa farai per amarti e onorarti, ogni giorno della tua vita?