Oggi pianto.
Pianto, voce del verbo piantare, non piangere. Anche se, in fondo, il pianto può essere un modo per annaffiare, per restituire vita a un terreno arido, prosciugato da delusioni, arrabbiature e relazioni che non hanno saputo fiorire.
Questo aforisma di Veronica Shoffstall mi ha colpito per la sua profondità, soprattutto per quel riferimento ai fiori che gli altri potrebbero portarti.
Quante volte aspettiamo che siano gli altri a regalarci bellezza, a colmare i nostri vuoti, a portarci quel gesto gentile che ci faccia sentire speciali?
Eppure, il vero invito qui è un altro: cogliere l’attimo, senza aspettare.
Non rimandare, non lasciare che il tempo scorra mentre ti chiedi “e se?”.
Le telefonate, quelle vere, quelle che partono dal cuore, ormai sono rare.
E allora perché aspettare qualcosa che forse non arriverà mai?
Perché non investire su di sé, non con oggetti o beni materiali, ma con gentilezza, cura e attenzione?
Cosa accadrebbe se dedicassi a te stesso le energie che sprechi a rimuginare sul perché degli altri, sulle ingiustizie, su ciò che non puoi controllare?
Se invece di cercare luce all’esterno, iniziassi a coltivarla dentro di te?
Lavorare su di sé è come curare un giardino: richiede pazienza, dedizione e un tocco gentile. È far nascere nuovi interessi, obiettivi, passioni.
È lucidare le foglie delle tue esperienze, far brillare le tue qualità, soprattutto quando senti che gli altri non ti riconoscono il valore che meriti.
Oggi, dedicati un momento gentile.
Prendi un pensiero, uno di quelli che ti tormentano, e trasformalo.
Svestilo, come se fosse una margherita a cui chiedi “mi vuoi bene o non mi vuoi bene?”, e cambia la tua risposta.
Sperimenta un nuovo gesto, un nuovo pensiero, un nuovo spazio. Osserva l’effetto che fa.
Perché il tuo giardino interiore merita di fiorire, anche senza aspettare che qualcuno ti porti i fiori.