C'è una gran corsa a sentirsi efficaci, superare qualcuno o qualcosa, competere.
Primeggiare per rivalsa, per invidia, non per vero amore di se, dell'armonia, del benessere.
Presunzione, narcisismo, cattiveria.
E' più semplice schiacciare, invalidare, svalutare l'altro e sentirsi potenti attraverso il piacere perverso della distruzione che della costruzione, del riconoscere i punti di forza dell'altro o cercarli in sé stessi (forse è davvero forte la convinzione di non averne affatto di qualità !).
Invece no.
Ci sono persone che non tollerano vedere altri bravi in qualcosa, e provano a scipparli.
A fargli lo sgambetto per vederli franare al suolo e fingersi dispiaciuti ed empatici.
La corsa alla competizione fuori è opposta alla disponibilità ad ascoltarsi davvero.
A sentire le nostre debolezze, paure, a voler lavorare sulle ombre, a volerle abbracciare per poi aprirsi alla luce e a nuove possibilità .
Siamo poco disponibili all'ascolto, non solo nei confronti degli altri, ma anche di noi stessi.
Vogliamo vederci ed accettarci solo al meglio.
Chiunque ci rimanda una immagine diversa, sbaglia.
Noi siamo i migliori.
Ma appena la luce della verità e della difficoltà ad un certo punto ci tocca, ci accorgiamo di essere - anche- fragili.
Unici e complessi come fiocchi di cristalli che si sciolgono quando c'è il sole.
Brillanti e falsi come Swarovski che ostentano opulenza nascondendo povertà .
Che abbiamo costruito una corazza scintillante, come il cristallo.
Prezioso eppure fragile, a volte opaco quando lasciamo gocce d'acqua asciugarsi senza la semplice carezza di un panno che restituisce col tocco piacevole calore e lucentezza.