Personal branding nei social


Le persone mi chiedono, anzi il più delle volte contestano il fatto che si possa fare marketing di se stessi, che si finge, non è una cosa etica.



Fingere non è etico mai, quando è manipolazione, e questo è valido in qualsiasi ambito.

Ma chi sa poco di marketing tende a sovrapporlo con la finzione.

Invece di partire all'attacco, ti propongo un esperimento.


Cosa vedresti SE prendessi un po' di distanza, da te e dalle immagini che mandi di te, come se guardassi un programma in uno schermo, che è quello che fai sempre con i tuoi social MA come se ti vedessi attraverso gli occhi di qualcun altro.



Cosa noti?
Cosa sarebbe evidente?

Quale parola userebbero i tuoi colleghi, clienti, ad esempio, per far capire che stanno parlando di te?


Al di là della tua funzione, del tuo ruolo ed, ovviamente del nome.


Quella parola potrebbe essere qualcosa di estremamente evidente per gli altri e che hai smesso di vedere, e dunque ti stai concentrando su tutt'altro, secondario.

Il tuo brand è ciò che le persone dicono di te quando non sei nella stanza. (Jeff Bezos, fondatore di Amazon)



Pensaci, è semplice in fondo, sicuro capita anche a te.
"La ragazza con gli orecchini giganti".

Che se ne frega la gente della grandezza degli orecchini?


E no, in una presentazione, che magari hai super accuratamente preparato, saranno gli orecchini, in continua oscillazione, a attirare l'attenzione e a distrarre chi guarda.


Ascoltare le parole e il contenuto di ciò che dici richiederà uno sforzo aggiuntivo, richiederà smettere di guardare lo scintillio e il movimento, e rimettere il focus sulla tua presentazione.


Questo compito non è di chi guarda, ma proprio di chi presenta, di chi porge la comunicazione che ha solo un 7% di verbale.

Ed ancora:

quello con le cravatte sgargianti, quella con i tacchi alti pure in montagna, quello che non alza i piedi da terra, quello che dorme sempre, quello che non saluta, quell* che non si lava mai. Continua tu l'elenco.
Sono sicura che ti verranno in mente tante tante persone e soprannomi.

Per cosa SCEGLI di essere visibile?

Chiedere dei feedback, fare un passo indietro e creare quella distanza, potrebbe farci apprendere molto ed anche migliorare la nostra vita, oltre che i rapporti con gli altri.



Faccio un altro esempio, questa volta personale.

In azienda mi sono sempre molto impegnata a produrre risultati, innovare, coinvolgere etc.


Piccola di statura tra modelle, unica donna tra soli uomini, mora tra bionde, italiana tra americani.


Mi sono sempre sforzata di dare il massimo per superare differenze non modificabili: la mia altezza, la lingua, il sesso.

Un giorno il mio capo mi riferì cosa la CEO aveva detto di me.


Mi fece l'effetto di una secchiata d'acqua ghiacciata.


In un contesto come quello americano la mia produttività, i risultati, tutto veniva in secondo piano ad un semplicissimo gesto che io, nella mia concentrazione di fare tutto bene e tenere tutto sotto controllo, dimenticavo. 


SORRIDERE.

Un gesto che non mi costava niente, eppure era la mia carta di presentazione e tutto il mio operato veniva visto di conseguenza, dopo quel mancato gesto.

Una lezione che non ho mai più dimenticato.
Certo, ovvio, c'è chi mi critica perché rido troppo.

Quello che voglio dire è: 


non pensare che fare marketing voglia dire diventare diversi da ciò che siamo.


Ma vuol dire solo, si fa per dire, la possibilità di migliorare, noi e i rapporti con gli altri.

Perché le risposte degli altri cambiano, e per il quarto assioma di Watzlawick potresti vedere dei miglioramenti semplicemente a partire da ciò che invii tu nella comunicazione.

Così sui social. 

Pensa a come vuoi entrare in relazione. 

Quali sono i tuoi gesti mancati?

Il tuo tono, la quantità di cose che condividi senza dare il tempo neanche di vedere, riempiendo la timeline degli altri tutta solo tu.


La velocità e il tipo di domande che fai in chat, senza attendere neanche risposta, tipo mitraglietta, domande che non avresti neanche bisogno di fare, perché sono tutte nelle informazioni sulla bacheca di FB, ecco, respira.


Pensaci, non offenderti e soprattutto non offendere gli altri.


Prendi informazioni sulla persona a cui stai parlando e poi fai altre domande.

Non sembri così brillante a chiedere quello di cui puoi sapere leggendo la bacheca.

Sono le stesse raccomandazioni che faccio quando ci si presenta per un colloquio:

PRENDI INFORMAZIONI a CHI ti rivolgi?


Per essere interessante sii interessato.

Anche nei social, la comunicazione può essere inutile, efficace, polemica, ridondante, aggressiva, invadente, piacevole, rilassante. E' anche una tua scelta.

Il social è una piazza, ma non necessariamente devi andarci dimesso perché sei a casa tua.


Se non ti conosco, presentati.


Non pretendere senza offrire, e non parlo solo di persone che pretendono collaborazioni, lavori gratis.


Intendo usare quelle regole di convivenza che continuano esistere.

Anche se ti sembra di conoscere tutti e poter conoscere tutti,  e poter pretendere tutto, guarda il TUO profilo.


C'è una foto? Che foto è?


Un pupazzo, un tramonto, il tuo selfie con sopracciglia da gabbiano e lingua fuori?
La tua foto in canottiera?
Ciò che scegli è ciò che offri a chi ti vede.

E' una tua scelta, e parla per te, specie su linkedin.

Se mi chiedi l'amicizia su tutti social che hai senza interagire mai, stai creando una collezione, non una relazione.
Stai creando fuffa.

Ci vuole poco ad essere scartati, ad un colloquio, o ancora prima quando mandi il cv.

Ci vuole pochissimo ad essere bloccati sui social, anche per chi non ti ha mai sentito parlare.

Il social è un opportunità, di creare, costruire, relazioni, condividere o  perdere il nostro tempo prezioso.
Puoi essere gradevole, o pensare di esserlo.

Concludo con una definizione di 

Personal Branding

Pensieri, emozioni, percezioni, immagini, comportamenti, esperienze associate alla tua persona.


Lo so che può essere "spaventoso" ma credo lo sia ancora di più non esserne consapevoli.






Nome

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EneRgiA CReatiVA: Personal branding nei social
Personal branding nei social
ti propongo un esperimento.
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