Le prime volte che pronuncio il nome di Watzlawick c'è sempre bisogno di ripeterlo, chi è e come si scrive.
Però una volta afferrato, i suoi assiomi della comunicazione risolvono un sacco di questioni, ti fanno capire errori ed omissioni, trucchi e sgambetti, ferite da parole contundenti e silenzi assordanti.
La comunicazione e la consapevolezza della nostra comunicazione, interamente, non una singola parte, quella che abbiamo messo su carta e possiamo rileggere e tuttavia pur restando sempre di uguale contenuto riesce a prendere infinite sfumature, a seconda del mio stato d'animo e con quale tono immagino di leggerla e compiacermene o distaccarmene.
Dicevo neanche la lettera scritta resta uguale nel tempo e dipende da chi la legge, e finanche cambia nella stessa persona che scrive, come sa bene chiunque cerchi di scrivere per mestiere.
Nelle lezioni di Personal Branding soprattutto c'è sempre una parte in cui racconto dell'importanza del conoscere quante più parti possibili della nostra comunicazione.
Di come porgiamo la mano, di come incrociamo lo sguardo dell'altro, di quanto siamo soliti alzare o abbassare la voce, di quando sfuggiamo svalutiamo contestiamo o apprezziamo confermiamo e facilitiamo la nostra comunicazione e quella dell'altro.
Ognuno di noi comunica ogni giorno, consapevolmente e non, per raggiungere obiettivi, descrivere eventi, suscitare emozioni, stabilire relazioni.
Mi sono innamorata di questo approccio di Wazlawick perché spiega come l'errata comunicazione o comprensione ed interpretazione della stessa possa portare alla psicopatologia.
Dunque saper comunicare ci fa bene alla salute, si può passare proprio da lì- dalla comunicazione per migliorare il rapporto con se stesso e con l’altro, su piani personali, relazionali, professionali, ecc.
Prendo un esempio.
Come tanti di voi immagino, leggete sui social di chi si sente offeso, e basta ho chiuso.
Questi status un po' anomali, che suonano come un boato non richiesto di fiele e ingiustizia terrestre subita da una creatura che nulla ha compiuto se non essere pura e limpida e soave e corretta, ha offerto il cuore, la sua grazia e affetto ed invece, ahimè - e sappiate o voi che leggete anche ahhivoi perché tra voi si nasconde il fellone (o la fellona) a cui vuol far sapere il torto subito.
Dunque dicevo l'offesa e ferita creatura, mette tutti noi al corrente di ciò che accade, basta, la misura è colma, ha dato affetto ed ha ricevuto freddezza.
Ecco, qui vengono in aiuto gli assiomi di cui dicevo prima.
Il primo - ed è il motivo per cui non so mai come rispondere ad una comunicazione scritta specie quando tra le righe,
insieme a ti voglio bene e grazie, c'è scritto proprio addio.
Sei stata importante e volevo che lo sapessi.
Lo resterai sempre.
Segue colonna sonora a piacere nella testa.
Dicevo il mio motivo di ritrosia alle comunicazioni scritte è che ci perdiamo occhi e pause e sfumature della voce.
Che una voce che si incrina o cerca le parole adatte - anche per non risultare troppo melensa, e per far arrivare quanto è felice di saperlo e vorrebbe ancora chiedere:
cosa mi stai dicendo d'altro?
cosa mi stai dicendo d'altro?
A cosa ti aspetti risposta: al sei stata importante o addio?
E perché da mesi sei assente, e so che hai preso decisioni importanti, senza coinvolgermi né informarmi mai, tutto il contrario di quanto accadeva un tempo.
Ed alla domanda cosa succede?
"e niente, hai risposto con una risata, ahhah", hai detto, "mi succedono tante cose."
Poi silenzio, e poi ancora assenze e quella email di ringraziamento, che conferma, sancisce che è proprio finita, e magari ti fa sentire buona e brava perché ti sembra di essere affettuosa e quello che vedi è la freddezza che ricevi in cambio.
Ma se continui sempre a vederla così, cioè ti dimentichi che la comunicazione ha un cosa e un come.
Il verbale, e il non verbale, il paraverbale.
"e niente, hai risposto con una risata, ahhah", hai detto, "mi succedono tante cose."
Poi silenzio, e poi ancora assenze e quella email di ringraziamento, che conferma, sancisce che è proprio finita, e magari ti fa sentire buona e brava perché ti sembra di essere affettuosa e quello che vedi è la freddezza che ricevi in cambio.
Ma se continui sempre a vederla così, cioè ti dimentichi che la comunicazione ha un cosa e un come.
Il verbale, e il non verbale, il paraverbale.
Le emozioni la tastiera te le lascia per interpretazione.
A te che ti pare di scrivere con affetto, e ti pare di ricevere freddezza.
Magari cancelli una parte di informazione, di essere sparita tu per prima.
Sono segnali piccoli di ogni giorno, ma che chi ha condiviso una relazione di anni si accorge.
Diminuiscono e poi totalmente scompaiono i like su FB, lì dove un tempo si cliccava anche il buongiorno ora neanche qualcosa di bello davvero ed importante, un traguardo, una bella notizia.
Nulla, quei click non ci sono più.
Neanche vedersi ed incontrarsi.
Si affievolisce la presenza e si rinforza l'assenza, il non detto, l'immaginato.
Magari il tuo intento era affettuoso, ma le tue parole fredde, e fredde quelle che hai ricevuto.
Oppure l'intento di chi ti ha risposto era di essere affettuoso, non ci è riuscito o non ti è arrivato.
O ancora.
Te ne sei andata per prima, ed ecco che veniamo all'altro assioma, che si capisce meno, ma non è meno importante, ed è quello della punteggiatura.
Se io dico: tu sei stata fredda ed io ho chiuso con te,
ha messo un punto tra un prima e un poi, sto rendendoti "colpevole" della freddezza, e DOPO, di conseguenza ho chiuso con te.
Se riuscissi a vedere che IO ho chiuso con te, e POI tu sei stata fredda,
la punteggiatura è diversa, mi riprenderei il mio ruolo attivo nella continuazione o fine delle relazioni e smetterei di essere vittima, in balia di cattivoni che non meritano l'affetto che io ho dato e al quale mi è stata risposta con freddezza.
Che poi questo assioma qui e anche l'altro, ne parlerò anche al corso dei conflitti, perché se ti perdi il tono della conversazione- e nello scritto lo perdi per forza di cose- ma lo desumi.
Allora è già possibile che due persone interpretino la stessa parola in due modi diversi, immaginiamo un tono.
A me è persino capitato con uno sguardo, quel unico attimo in più in cui ti soffermi su un viso che ti piace e già sorridi, e non è che stai proprio volutamente flirtando, ma è una reazione automatica, le guance diventano rosse per l'imbarazzo che si veda chiaramente che l'altro che ti piace.
E proprio in quel momento, sono rimasta sconcertata dalla reazione dell'altro, che ha risposto con un insulto (sul genere che ca@@ guardi).
Quando si dice essere altamente e pericolosamente paranoici, confondere i messaggi.
Dunque dicevo il tono.
Il tono lo deduciamo, lo immaginiamo, il tono è solo nella nostra testa.
Il tono è quello che interpretiamo leggendo un wup di qualcuno a qualcun altro, cercando conferme di intenti.
Abbiamo dimenticato cosa vuol dire davvero confronto, le cose le mandiamo a dire, e poi ci lamentiamo della freddezza, che magari è solo il frutto di centinaia di comunicazioni di specchi, o semplicemente di un momento in cui, pur di non far passare troppo tempo da quella spunta che ti dice che ho letto, ma guarda ancora non ha risposto, e la mente parte in un soliloquio di nuovi intenti e di scaramucce ed offese.
Insomma, l'altro cerca una risposta per eliminare l'attesa, ed abbastanza neutra perché non sa più che risponderti e come, i mesi di assenza e di silenzio che hai messo tu sono troppi e non c'è più la confidenza di prima, ma un territorio comunicativo nuovo del quale ancora non si conoscono le nuove regole.
Invece tu il neutro lo prendi per freddo, la non risposta a zero attesa per morte della controporte reale o metaforica per te.
C'è un conflitto, c'è stato sempre o da qualche parte, com'è normalissimo dopo tanto tempo, c'è un contrasto, uno modo diverso di vedere ed interpretare le cose.
Ma il conflitto non si affronta per iscritto, dove ti puoi dire tutto ciò che vuoi di te senza un confronto vero con l'altro che ti racconta come la vede lui e i passaggi che hai dimenticato tu.
Non c'è quasi nulla di meglio, nella creazione dell'infelicità , che il mettere l'inconsapevole partner di fronte all'ultimo anello di una lunga e complicata catena immaginaria, nella quale egli svolge un ruolo decisivo e negativo.
Il suo sconcerto, il suo sgomento, il suo asserito non comprendere, la sua indignazione, il suo voler discolparsi sono per voi la prova inconfutabile che avete ragione, che avete accordato la vostra benevolenza a chi non lo meritava, e che ancora una volta si è abusato della vostra bontà . (P. Watzlawick, "Istruzioni per rendersi infelici")
I 5 assiomi sono strumenti illuminanti per comprendere di più di cosa ci accade nei conflitti.
Che sono di fatto parte integrante delle nostre relazioni.
I conflitti sono dietro l'angolo e dentro il letto, nelle classi di ogni età , alla macchinetta del caffè e dietro ogni tastiera.
Perché l'offesa dimentica di aver buttato il sasso, aver ignorato la persona e la relazione e poi, improvvisamente se la vuole riandare a prendere, e riceve qualcosa che imputa tutto all'altro.
Come contribuisci alle relazioni, come alimenti, lo crei il conflitto e ci sei o scompari nelle relazioni?
Per chi è in una relazione e per chi non ci riesce a stare, per chi è capo o lo vuole diventare, per chi non sa eseguire perché non sopporta di sentirsi dire cosa fare, ti aspetto ad un percorso di gruppo esperienziale od individuale per migliorare qualche pezzo della tua comunicazione.
Mi scuso, l'articolo è molto più lungo di quanto ho immaginato al principio, ma Watzlawick è stata una chiave importante ed affascinante per me e continua ad esserlo.
Un passpartout.
Bibliografia:
Watzlawick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana. Roma: Astrolabio, 1971.
Più scorrevoli e divulgativi
Paul Watzlawick
Istruzioni per rendersi infelici
Di bene in peggio
Bibliografia:
Watzlawick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana. Roma: Astrolabio, 1971.
Più scorrevoli e divulgativi
Paul Watzlawick
Istruzioni per rendersi infelici
Di bene in peggio