Come prendi i complimenti?
Li fai entrare dentro di te o immagini siano finti?
Come dai tu un feedback?
Su quali aspetti ti concentri e come lo fai?
Possiamo dire tutto, col rispetto dell'altro, immaginando e mettendoci per almeno un secondo nei suoi panni.
Nelle aule di formazione che conduco alla fine di solito chiedo com'è andata, cosa le persone si portano a casa.
Cosa ha incuriosito il cammino, cosa li ha sorpresi, dove e come hanno superato i momenti di difficoltà.
C'è un mondo da scoprire invitando le persone a riflettere sulla formazione ricevuta.
Ci si scambia ricchezza di solito, o comunque la possibilità di nuovi punti di vista, di arricchimento o miglioramento del proprio modo di procedere.
Anche del mio, perché ogni aula è diversa, accadono sempre cose nuove, le persone sono nuove per me ed io per loro.
In una delle ultime, ho ascoltato feedback che certo nutrivano me, ma il feedback dice tanto di chi lo fa.
E' generosità quando ti restituisce qualcosa.
E' uno sguardo sul mondo dell'altra persona.
Il garbo, la delicatezza, l'acutezza, dipende da chi lo fa.
Così, a partire da un qualcosa che viene proposto, alcuni sono capaci di vedere l'impegno, l'esperienza, la dedizione, anche l'aver fatto di più di quanto richiesto ed il massimo nel contenitore dato (la formazione on line è diversa, meno fisica, perdi tanto del collegamento in ogni senso, e quando condividi lo schermo perdi la possibilità di guardare chi guarda e capire come sta andando).
Alcune persone hanno invece bisogno di puntare il dito, sottolineare imperfezioni come fossero colpe gravi e nefandissime, con modi inutilmente sgarbati, ripetendo più volte il concetto, anche sovrapponendosi ad altre voci.
Ecco, approfitto per dire che basta una volta sola.
Se vi piace dare un calcio invece di un feedback, basta uno, non dieci o cento.
Umiliare appartiene a voi, non ha a che fare con chi è di fronte a voi.
Ognuno di noi da informazioni su di sé quando critica (costruttiva od apertamente distruttiva che sia).
Quindi chiediti, cosa stai lasciando di te?
Con quello che dici, con come lo dici e con il cosa stai dando attenzione?
Sei un ape o una mosca?
Se non puoi guardare il video, ecco un breve sunto.
L’ape vola di fiore in fiore estraendo solo il nettare, senza intaccare la pianta; cerca l’essenza di ogni fiore.
Persino in un luogo coperto di immondizia, l’ape rimane concentrata nella ricerca del nettare; con entusiasmo e determinazione, vola alla ricerca dell’unico piccolo fiore cresciuto in mezzo a chilometri di spazzatura.
Nelle nostre relazioni abbiamo molto da imparare dall’ape.
Essa ci mostra l’arte di focalizzarci sugli aspetti positivi, insegnandoci ad affrontare in modo compassionevole le carenze di ciascuno.
Ci saranno difetti ovunque e in chiunque, non mancano mai le cose di cui lamentarsi ma, come l’ape cerca di scovare il nettare anche nei luoghi più impensati, così noi possiamo puntare a a fare emergere le buone qualità del nostro prossimo.
La mosca invece, IN UN CORPO SANO, cerca la crosta infetta.
La mosca può anche sorvolare centinaia di fiori, ma su cosa si concentra?
Focalizza la sua attenzione sull’immondizia e sugli escrementi!
Essa ignora il dolce profumo dei fiori e anche nelle situazioni migliori e nei luoghi più puliti, rivolge la sua attenzione alla spazzatura.
Questo comportamento è proprio di chi non considera le buone qualità di chi ci sta attorno, ma concentra l’attenzione su carenze e limiti.
Nei rapporti con gli altri è importante mantenere una comunicazione onesta e benevola, improntata sul riconoscere e dare valore a ciò che c’è di positivo, imparando ad affrontare gli eventi di polarità energetica negativa, in modo cortese e quindi potente e costruttivo.
Agendo così, impariamo a riconoscere le qualità positive in noi stessi e a superare con grazia l’insana e limitante mancanza di autostima.
Mentalità da Ape o mentalità da Mosca dunque?
STA A TE DECIDERE!
Radhanath Swami