Da un anno ho accolto nella mia vita un motivo nuovo di nutrimento e gioia.
Cose così sono importanti, per respirare ed allargare orizzonti, punti di vista e anima infine.
Sono sempre stata una lettrice forte, mi definisco una bevitrice di libri o una lettrice compulsiva.
Oggi pensavo, sono una malata di libri, che tra tante malattie, è proprio bello e non mi vergogno più di dire che sono malata di questo.
Tra persone che vantano sciatica e mal di collo, di schiena, gastrite, ginocchio e spalla, io pure ho avuto i miei guai, con conseguenze dolorose e senza ritorno, però preferisco curare questa malattia di sempre, i libri appunto.
Non so dire la dose quotidiana, ma quella annuale, lo scorso anno ho chiuso a 72 o 73, e continuo questa cura che mi fa bene, e non ha controindicazione alcuna.
Conosco sempre più scrittori stranieri (tra gli ultimi preferiti Jeffrey Eugenides, Oliver Sacks, David Foster Wallace, Javier Marías, Irene Nemirowsky) ed italiani.
Negli ultimi anni con mia somma gioia, i napoletani (Lorenzo Marone- La tentazione di essere felici, La trilogia della Ferrante, Paolo Sorrentino, si aggiungono a tesori come Anna Maria Ortese, De Silva, Domenico Starnone, Erri De Luca).
Allora succede che al piacere della storia e della buona scrittura, si uniscono i ricordi di dove son cresciuta, strade e modi di fare e di dire, storie che si intrecciano con le mie, scuole persino, come aver condiviso l'Istituto Pontano con Maurizio De Giovanni e il liceo Umberto con Erri De Luca.
Ma questo l'ho scoperto solo dopo averli incontrati.
Perché è proprio questa la novità da un anno in qua, vado a conoscere gli scrittori che incontro di notte, tra le pagine fragranti di un libro o quelle illuminate di un kindle e scopro come parlano e si muovono ed incantano anche con le parole dette.
Ieri sera ho conosciuto De Giovanni, già quel lieve accento e modo di arrotolare la lingua mi fa sentire a casa.
Lo scherzare di continuo, che è proprio quello che io faccio in aula tanto spesso, e poi lasciarsi trasportare nel personale, e in quello che fa tremare la voce, e poi ancora sentire leggere una storia sapendo già di preparare i fazzoletti, perché parla di quel terremoto che chiunque ha vissuto non dimenticherà mai.
Il racconto di lui si fa ricordo di noi, quel giorno, dove eravamo e come tutto cambiò.
Smettere di considerare la famiglia scontata, e la terra ferma, e le scale che non girano.
Però questa è appunto un' altra storia.
De Giovanni ha parlato del potere dell'immaginazione, che i giovani stanno perdendo nella passività di cinema, televisione e wup.
"quando leggo la parola scritta posso immaginare, esercito la mia fantasia ed invento qualcosa che non c'è.E chiudendo l'incontro, ancora emozioni per me.
La storia ha una funzione dirompente dentro di noi, molto di più della teoria."
"quando mi chiedono "Perché scrivi?" rispondo quello che tutti gli scrittori onesti dovrebbero rispondere "Perché non so disegnare!".
Allora io che ho scelto di ascoltare storie per lavoro, di creare ed aiutare a creare ed immaginare, ricaccio indietro le emozioni ed aspetto il mio turno per quel bacio e la dedica sul libro, e stavolta la Paola sono proprio io.
Anche se l'altra Paola, quella che ringrazia nei libri no, anche se non sono io e lo so, le parole arrivano lo stesso dentro, come un regalo inaspettato:
E grazie, un'altra volta a chi taglia, cuoce, mescola, cuoce e guarnisce ogni cosa che la mia follia vomita disordinatamente sulla carta: la mia unica, meravigliosa Paola.
I libri belli sono pieni di doni.
Come le persone, se si ha voglia di ascoltare.