Un esperienza che accomuna tutti noi è il conflitto.
Interiore, prima ancora che con gli altri.
Sfortunatamente, sebbene sia un esperienza così universale, nessuno ci ha insegnato come stare nel conflitto, come prevenirlo o risolverlo.
Prima di affacciarci al mondo del lavoro abbiamo assistito o partecipato a innumerevoli conflitti, ciascuno ha esperienza su come nelle nostre famiglie veniva ignorato, vissuto per intere settimane, nascosto o esploso.
Imprevedibile a volte, lasciando specie i bambini in un clima costante di controllo, per intravedere e coglierne i segnali.
Siamo cresciuti così, alcuni fortunati sono stati affiancati da genitori o educatori illuminanti nell'esempio oltre che nella presenza.
Ognuno di noi cerca come può e come sa meglio - di gestire i conflitti, tra evitamento, aggressioni anche passive, e fuga.
E non solo nella vita lavorativa, ma anche in quella personale e sentimentale.
Quando non c'è un confronto, non c'è scambio, si perde l'opportunità di arricchire la relazione e far davvero sentire le persone - singolarmente- più competenti, più abili, di provare stima per se e fiducia nelle proprie capacità e nell'altro.
Partiamo da un presupposto: il conflitto non è patologico ma fisiologico.
“Il conflitto non è una malattia misteriosa di cui non si conosce la causa, ma è un processo fisiologico che, se non viene regolato, può diventare malattia"
"Ogni situazione lavorativa è di necessità conflittuale ... Il conflitto è una qualità umana come il mangiare, il bere il camminare ed il comunicare, solo che ci si riferisce non ad una qualità individuale, ma ad una qualità relazionale.
E, soprattutto, il conflitto non è una patologia relazionale, ma è la relazione in se stessa”(Spaltro; De Vito Piscicelli ).
Non è un fallimento della relazione, o non è un nostro personale fallimento, ma un evento assolutamente naturale e potenzialmente produttivo nell'ambito delle relazioni di gruppo e delle relazioni interpersonali, quando gestito bene in modo consapevole e costruttivo.
Quando si riduce la variabilità all'interno del sistema, il sistema non può far fronte alla variabilità dell’ambiente esterno.
Dunque non è il conflitto in sé ad essere negativo, ma come viene gestito, o peggio ignorato o soppresso.
Alcuni comportamenti rabbiosi non vengono infatti mai davvero archiviati: chi vi ha visto arrabbiati, tenderà ad evitarvi e a non fidarsi più.
Non importa che il conflitto è stato innescato altrove, non importa quante altre soluzioni e lavori avete completato con successo ed efficienza.
La stessa paura della rabbia, può avere effetti catastrofici, come nel caso citato da Goleman (1995) ne “L’intelligenza emotiva”, in cui i copiloti non dissero nulla al loro capo irascibile del livello di carburante dell’aereo, per paura di una sua esplosione di rabbia. L’aereo precipitò e morirono dieci persone. Razionalmente incredibile, vero?
Ed ancora, alcuni riescono a navigare tra le acque tempestose dei conflitti in alcuni ambiti, ma non in tutti.
E' il caso di chi riesce a "contenere" e sue reazioni in ufficio, ed invece col le persone che ama, le riempie di insulti e grida.
Quegli insulti, cattiverie, o magari anche solo verità ma dette con acredine, possono incrinare per sempre i rapporti.
Possono farcene pentire l'attimo dopo, possiamo riproporci di non farlo mai più, ma è tardi per recuperare.
Perdiamo la fiducia dell'altro e perdiamo stima per noi stessi.
La posta in gioco è davvero molto alta, ed include le relazioni interiori e interpersonali.
Ci sono molte cose che possiamo fare, conoscere e sperimentare per migliorare la nostra capacità di gestire i conflitto, in qualunque situazione- lavorativa e non ci troviamo.
Interiore, prima ancora che con gli altri.
Sfortunatamente, sebbene sia un esperienza così universale, nessuno ci ha insegnato come stare nel conflitto, come prevenirlo o risolverlo.
Prima di affacciarci al mondo del lavoro abbiamo assistito o partecipato a innumerevoli conflitti, ciascuno ha esperienza su come nelle nostre famiglie veniva ignorato, vissuto per intere settimane, nascosto o esploso.
Imprevedibile a volte, lasciando specie i bambini in un clima costante di controllo, per intravedere e coglierne i segnali.
Siamo cresciuti così, alcuni fortunati sono stati affiancati da genitori o educatori illuminanti nell'esempio oltre che nella presenza.
Ognuno di noi cerca come può e come sa meglio - di gestire i conflitti, tra evitamento, aggressioni anche passive, e fuga.
E non solo nella vita lavorativa, ma anche in quella personale e sentimentale.
Quando non c'è un confronto, non c'è scambio, si perde l'opportunità di arricchire la relazione e far davvero sentire le persone - singolarmente- più competenti, più abili, di provare stima per se e fiducia nelle proprie capacità e nell'altro.
Partiamo da un presupposto: il conflitto non è patologico ma fisiologico.
“Il conflitto non è una malattia misteriosa di cui non si conosce la causa, ma è un processo fisiologico che, se non viene regolato, può diventare malattia"
"Ogni situazione lavorativa è di necessità conflittuale ... Il conflitto è una qualità umana come il mangiare, il bere il camminare ed il comunicare, solo che ci si riferisce non ad una qualità individuale, ma ad una qualità relazionale.
E, soprattutto, il conflitto non è una patologia relazionale, ma è la relazione in se stessa”(Spaltro; De Vito Piscicelli ).
Non è un fallimento della relazione, o non è un nostro personale fallimento, ma un evento assolutamente naturale e potenzialmente produttivo nell'ambito delle relazioni di gruppo e delle relazioni interpersonali, quando gestito bene in modo consapevole e costruttivo.
E' fonte di cambiamento, innovazione, miglioramento.
In un’organizzazione il conflitto interno è la fonte principale di innovazione continua e di adattamento ai cambiamenti esterni. Una legge della cibernetica, la legge della varietà richiesta, dice che ciascun sistema per adattarsi all'ambiente esterno deve incorporare la variabilità tra i suoi controlli interni.Quando si riduce la variabilità all'interno del sistema, il sistema non può far fronte alla variabilità dell’ambiente esterno.
In un inchiesta del 1988 di Richard Pascale su multinazionali eccellenti, su 43 aziende eccellenti individuate cinque anni prima solo 14 permanevano nell'eccellenza, mentre le altre erano nei guai. Le aziende decadute avevano in comune un carattere:
l’autocompiacimento del gruppo direttivo, causato dall'incapacità di creare e gestire una conflittualità interna costruttiva, fonte di innovazione.
Il management delle ex eccellenti evitava il conflitto interpersonale oppure lo trasformava in un fatto personale.
l’autocompiacimento del gruppo direttivo, causato dall'incapacità di creare e gestire una conflittualità interna costruttiva, fonte di innovazione.
Il management delle ex eccellenti evitava il conflitto interpersonale oppure lo trasformava in un fatto personale.
E' infatti la soppressione del conflitto riduce la creatività individuale e di gruppo, abbassa la qualità delle decisioni collettive, limita lo sviluppo e l’innovazione, danneggia la comunicazione e le relazioni, rendendo il clima ostile e sospettoso, la produttività diminuisce, perché è il conflitto ad assorbire tutte le energie.
Alcuni comportamenti rabbiosi non vengono infatti mai davvero archiviati: chi vi ha visto arrabbiati, tenderà ad evitarvi e a non fidarsi più.
Non importa che il conflitto è stato innescato altrove, non importa quante altre soluzioni e lavori avete completato con successo ed efficienza.
La stessa paura della rabbia, può avere effetti catastrofici, come nel caso citato da Goleman (1995) ne “L’intelligenza emotiva”, in cui i copiloti non dissero nulla al loro capo irascibile del livello di carburante dell’aereo, per paura di una sua esplosione di rabbia. L’aereo precipitò e morirono dieci persone. Razionalmente incredibile, vero?
Ed ancora, alcuni riescono a navigare tra le acque tempestose dei conflitti in alcuni ambiti, ma non in tutti.
E' il caso di chi riesce a "contenere" e sue reazioni in ufficio, ed invece col le persone che ama, le riempie di insulti e grida.

Possono farcene pentire l'attimo dopo, possiamo riproporci di non farlo mai più, ma è tardi per recuperare.
Perdiamo la fiducia dell'altro e perdiamo stima per noi stessi.
La posta in gioco è davvero molto alta, ed include le relazioni interiori e interpersonali.
Ci sono molte cose che possiamo fare, conoscere e sperimentare per migliorare la nostra capacità di gestire i conflitto, in qualunque situazione- lavorativa e non ci troviamo.
Ampliando le nostre competenze, il conflitto diventa uno spazio di possibile creatività, in cui attivare consapevolmente capacità di negoziazione e alla comunicazione.
Saper migliorare la propria attitudine nei conflitti è fonte di enorme autostima, riduce lo stress e facilita la nostra vita.