Inizio a sbirciare un articolo di Personal branding (qui) e penso ma che fatica!
Tra tutte le cose a cui pensare per il proprio brand, contenuti, innovazioni, progetti, l'immagine, la scelta delle parole, dei colori, gli incontri, il tempo che sembra accelerare ogni volta che hai finalmente conquistato il passo e smesso di affannare, manca solo l'audio.
Invece no, ci ripenso ed è immediato quanto urli forte il nostro audio brand, specie per chi ai rumori c'è abituato, e li cerca affinché li tolgano dal silenzio che chissà perché inquieta.
Musiche invadenti, nei negozi e sale d'attesa. Nei treni e al mare il vicino usa il suo cellulare senza cuffiette e al massimo volume, perché tutti siano costretti ad ascoltare la sua musica, e non ognuno la propria.
Musichette dei call center e sottofondi distorti che stravolgono Bach e Vivaldi e li fanno sembrare orrendi.
La musica evoca emozioni, mica vuol dire per forza positive?
Allora curiamo la nostra accoglienza anche uditiva, rispettiamo i vicini e gli interlocutori, ascoltiamo la nostra voce cosa trasmette, che tono ha.
Non è solo cosa diciamo ma come lo diciamo.
La musica non va usata come il cheddar in un panino o a riempire spazi vuoti.
Anche la nostra voce è una musica.
Anche le pause compongono la melodia, e sono essenziali per la piacevolezza dell'insieme.
Non per forza dobbiamo parlare per avere ragione e dare torto all'altro, o per dire qualcosa, per voler avere per forza l'ultima parola, di solito anche acida.
Chi vi sta di fronte, anche se dall'altro capo del telefono, si fa un idea della provenienza dall'accento, del contesto dai rumori, delle emozioni dalle pause e dalla velocità,
Dal tono.
Un discorso in pubblico può essere noiosa o interessante, fastidiosa finanche- a parità di contenuti- proprio dal tono piatto, acuto, o variato.
Certamente ti è capitato di telefonare in uno studio di un professionista o di prenotare una stanza in albergo, di farti un idea del servizio che riceverai.
Le persona non sono un eccezione, non lo sei tu, in ogni interazione.
Offri uno spazio di suoni neutri che l'altro potrà riempire di parole, idee, domande, relazione?
Oppure l'audio è già carico, e copre il contenuto, lo contraddice, lo inibisce?
Se il marketing è relazione, l'audio deve essere udibile, ma non urlato, che passa anche da FB quando LASCI TUTTO MAIUSCOLO anche se non sai che stai urlando, o gli altri lo sentono.
Ascoltati prima di farti ascoltare dagli altri.
Ed ascolta gli altri oltre te stesso.
Senza ascolto non c'è comprensione, ed attenzione al bisogno tuo e del cliente.
L'audio trasmette i valori che hai e anche quelli che non hai.
Tra tutte le cose a cui pensare per il proprio brand, contenuti, innovazioni, progetti, l'immagine, la scelta delle parole, dei colori, gli incontri, il tempo che sembra accelerare ogni volta che hai finalmente conquistato il passo e smesso di affannare, manca solo l'audio.
Invece no, ci ripenso ed è immediato quanto urli forte il nostro audio brand, specie per chi ai rumori c'è abituato, e li cerca affinché li tolgano dal silenzio che chissà perché inquieta.
Musiche invadenti, nei negozi e sale d'attesa. Nei treni e al mare il vicino usa il suo cellulare senza cuffiette e al massimo volume, perché tutti siano costretti ad ascoltare la sua musica, e non ognuno la propria.
Musichette dei call center e sottofondi distorti che stravolgono Bach e Vivaldi e li fanno sembrare orrendi.
La musica evoca emozioni, mica vuol dire per forza positive?
Allora curiamo la nostra accoglienza anche uditiva, rispettiamo i vicini e gli interlocutori, ascoltiamo la nostra voce cosa trasmette, che tono ha.
Non è solo cosa diciamo ma come lo diciamo.
La musica non va usata come il cheddar in un panino o a riempire spazi vuoti.
Anche la nostra voce è una musica.
Anche le pause compongono la melodia, e sono essenziali per la piacevolezza dell'insieme.
Non per forza dobbiamo parlare per avere ragione e dare torto all'altro, o per dire qualcosa, per voler avere per forza l'ultima parola, di solito anche acida.
Chi vi sta di fronte, anche se dall'altro capo del telefono, si fa un idea della provenienza dall'accento, del contesto dai rumori, delle emozioni dalle pause e dalla velocità,
Dal tono.
Un discorso in pubblico può essere noiosa o interessante, fastidiosa finanche- a parità di contenuti- proprio dal tono piatto, acuto, o variato.
Certamente ti è capitato di telefonare in uno studio di un professionista o di prenotare una stanza in albergo, di farti un idea del servizio che riceverai.
Le persona non sono un eccezione, non lo sei tu, in ogni interazione.
Offri uno spazio di suoni neutri che l'altro potrà riempire di parole, idee, domande, relazione?
Oppure l'audio è già carico, e copre il contenuto, lo contraddice, lo inibisce?
Se il marketing è relazione, l'audio deve essere udibile, ma non urlato, che passa anche da FB quando LASCI TUTTO MAIUSCOLO anche se non sai che stai urlando, o gli altri lo sentono.
Ascoltati prima di farti ascoltare dagli altri.
Ed ascolta gli altri oltre te stesso.
Senza ascolto non c'è comprensione, ed attenzione al bisogno tuo e del cliente.
L'audio trasmette i valori che hai e anche quelli che non hai.
For personal brands, your audio brand is exuded in every interaction someone has with you or your communication tools that has some sort of audio associated with it. It transmits the values you have or those you don’t have.