In una cultura ed in un mercato dove la spinta è essere primi, farsi notare, conoscere, innovare, esserci,
riscopro la fatica di anni di lavoro.
Una definizione, ignorata ai tempi dell'università quando in testi grandi affacciati su un mondo ancora sconosciuto nella pratica, mi era sembrata una etichetta tra tante, da sapere, immagazzinare e dimenticare dopo l'esame.
Invece preparando una lezione è tornata a galla, e l'ho riconosciuta così personale, così vissuta sulla mia pelle.
Si chiama " Second mover advantage" ovvero il vantaggio di chi si muove per secondo, dopo che ha guardato, spiato in silenzio dove e cosa hai fatto tu, copiando di conseguenza.
Il testo di Kotler la definisce così:
"occurs when a market follower observes what has made the leader successful and improves on it."
L'immagine la definisce meglio, la rappresenta e la rende ridicola, quella corsa faticosa, quella preparazione prima ancora della corsa.
Poi c'è chi resta in poltrona, e si fa tirare.
Magari senza la stessa preparazione, emotiva e professionale.
Senza magari.
Mi hanno detto tante volte di non preoccuparmi, che chi viene copiato è il leader, che è una spinta a continuare ad evolversi e fare nuove cose.
Resta però la sorpresa, il tradimento di chi pensavi stesse apprendendo una modalità per divenire creativo a sua volta, per scoprire il suo personale contributo, il suo segno, la sua particolarità , ed invece ripropone solo la mia, ma con la firma sua.
L'immettersi dentro, dopo, come in un bagno già preparato da altri, a godersi semplicemente il calore dell'acqua e di chi ringrazia e inneggia al loro estro creativo che è invece il mio.
Il leader è costretto a rinnovarsi ancora, e cambiare, rinunciare a ciò che ha inventato (come testimonia pure Claudio Belotti), perché l'utente lamenta di trovarsi poi in un mare di uguali.
Il leader può restare fermo a sua volta, troveranno altri da cui copiare ancora, interi libri magari, senza il nome dell'autore, così facendola passare come una "semplice" omissione.
Chissà dentro cosa resta, come si ammacca l'autostima di questa gente, che sa di prendere senza creare, a meno di non ingannare anche se stessi.
Poi c'è chi sceglie di sedersi comodo a guardare, non di venire ai laboratori o ai corsi e mettersi in gioco, sporcarsi le mani, sperimentare in prima persona, con le proprie capacità ed incertezze, con le proprie idee, ad ampliare le proprie competenze emotive, relazionali e professionali, ma restare davvero seduto in poltrona davanti allo schermo del pc e poi rifare.
“Se progetti deliberatamente di essere meno di quello che sei capace di essere, allora ti avviso che sarai infelice per il resto della tua vita.” Abraham Maslow
Resta un immagine a farmi riflettere, su quel sudore e quel cartello col numero uno sulla schiena, la parte di te che lasci agli altri:
"La schiena è la parte che non puoi vederti, quella che lasci agli altri. Sulla schiena pesano i pensieri, le spalle che hai voltato quando hai deciso di andare." M. Mazzantini
Sto decidendo, in effetti.
riscopro la fatica di anni di lavoro.
Una definizione, ignorata ai tempi dell'università quando in testi grandi affacciati su un mondo ancora sconosciuto nella pratica, mi era sembrata una etichetta tra tante, da sapere, immagazzinare e dimenticare dopo l'esame.
Invece preparando una lezione è tornata a galla, e l'ho riconosciuta così personale, così vissuta sulla mia pelle.
Si chiama " Second mover advantage" ovvero il vantaggio di chi si muove per secondo, dopo che ha guardato, spiato in silenzio dove e cosa hai fatto tu, copiando di conseguenza.
Il testo di Kotler la definisce così:
"occurs when a market follower observes what has made the leader successful and improves on it."
L'immagine la definisce meglio, la rappresenta e la rende ridicola, quella corsa faticosa, quella preparazione prima ancora della corsa.
Poi c'è chi resta in poltrona, e si fa tirare.
Magari senza la stessa preparazione, emotiva e professionale.
Senza magari.
Mi hanno detto tante volte di non preoccuparmi, che chi viene copiato è il leader, che è una spinta a continuare ad evolversi e fare nuove cose.
Resta però la sorpresa, il tradimento di chi pensavi stesse apprendendo una modalità per divenire creativo a sua volta, per scoprire il suo personale contributo, il suo segno, la sua particolarità , ed invece ripropone solo la mia, ma con la firma sua.
L'immettersi dentro, dopo, come in un bagno già preparato da altri, a godersi semplicemente il calore dell'acqua e di chi ringrazia e inneggia al loro estro creativo che è invece il mio.
Il leader è costretto a rinnovarsi ancora, e cambiare, rinunciare a ciò che ha inventato (come testimonia pure Claudio Belotti), perché l'utente lamenta di trovarsi poi in un mare di uguali.
Il leader può restare fermo a sua volta, troveranno altri da cui copiare ancora, interi libri magari, senza il nome dell'autore, così facendola passare come una "semplice" omissione.
Chissà dentro cosa resta, come si ammacca l'autostima di questa gente, che sa di prendere senza creare, a meno di non ingannare anche se stessi.
Poi c'è chi sceglie di sedersi comodo a guardare, non di venire ai laboratori o ai corsi e mettersi in gioco, sporcarsi le mani, sperimentare in prima persona, con le proprie capacità ed incertezze, con le proprie idee, ad ampliare le proprie competenze emotive, relazionali e professionali, ma restare davvero seduto in poltrona davanti allo schermo del pc e poi rifare.
“Se progetti deliberatamente di essere meno di quello che sei capace di essere, allora ti avviso che sarai infelice per il resto della tua vita.” Abraham Maslow
Resta un immagine a farmi riflettere, su quel sudore e quel cartello col numero uno sulla schiena, la parte di te che lasci agli altri:
"La schiena è la parte che non puoi vederti, quella che lasci agli altri. Sulla schiena pesano i pensieri, le spalle che hai voltato quando hai deciso di andare." M. Mazzantini
Sto decidendo, in effetti.