Date parole al dolore, o colore.
Attonita.
Le parole scivolano giù nel petto, ingoiate dall'impotenza e la violenza di cui siamo spettatori.
Alcuni criticano, giudicano, certo, come rinunciare ad un abitudine così radicata dentro da essere ormai invisibile.
Perché tutti devono dire la loro, perciò in questi giorni ho ascoltato senza parlare.
Ho ascoltato chi ha detto che in fondo hanno provocato e se la sono cercata, la satira è esagerata e non deve toccare ciò che è sacro per altri.
Mi sfugge però il perché, con lo stesso metro di misura, la vita non sia sacra.
Ogni espressione disturba ed offende, pare un autorizzazione implicita per mettere a tacere l'altro, con minacce, punizioni e denunce.
chi sei tu per parlare
stai zitta tu che sei femmina
stai zitto tu che sei frocio
abbassa lo sguardo e copri la tua testa, per non indurre in tentazione.
non puoi parlare perché non puoi capire
non puoi esprimere dissenso sulla tua bacheca di facebook
non hai i titoli
sei un intellettuale, è reato di opinione
non puoi scrivere, 1000 frustate
Gli esempi continuano, se solo siamo disposti a volerli vedere.

non puoi guidare, se sei donna o sei omosessuale.
O volete dire che anche loro hanno esagerato e potevano essere un po' meno donne o un po' meno omosessuali.
Sono cresciuta in una città dove la parola d'ordine è silenzio, ma anche quello uccide.
Esprimersi il proprio dissenso si può, senza uccidere per questo, rispondendo con altre matite.
Ho letto questa frase bellissima " repondre par l'arte" rispondere con l'arte.
Lo sento molto, il mio angolo di rifugio è il colore, la mia ammirazione a chi sa disegnare, so bene il tempo che ci vuole per imparare, e costruire, mentre invece pochi istanti per distruggere.
Non sei Charlie, perché non condividi quell'aggressione della satira.
Ma davvero, senza far satira, pensi di essere al sicuro?
E' solo libertà di espressione, o piuttosto di esistere?
Il mio tributo di espressione (in alto) e con una raccolta di tante vignette #jesuischarlie
(per chi dice che non avremmo mai il coraggio di jesuischarlie, io non avrei avuto neanche quello di Falcone e Borsellino, ovvio.) Ma essere Charlie,
Je suis Charlie, je suis juif, je suis flic et je suis musulman
(io sono charlie, sono ebreo, sono un poliziotto, sono un musulmano) è essere testimone, come posso e per quella che sono, vuol dire rendersi conto che ognuno può essere un bersaglio, per qualunque pretesto. Anche senza provocare, anche senza cercarsela.Vuol dire rendere omaggio a chi è caduto sotto quei colpi.
In una redazione, in un mercato, in un villaggio.