Qual è la finalità dell'arte?
Non in generale, per i critici, ma per te, nella tua di vita.
Per me deve placare l'inquietudine, far volare la mente, accarezzare l'anima.
Essere armonia per gli occhi, portare fuori nel tempo, attraversare campi di girasoli e stare accanto la scrivania di Pirandello mentre scrive una novella, guardare Matisse mentre ritaglia un fiore proprio per te che gli stai facendo compagnia insieme al suo gatto.
Deve sollevarmi lo spirito, o accogliere quello che c'è in me e sottolinearlo.
Come una musica di Brian Eno o una suite di Bach suonata da Rostropovich.
Ci sono momenti in cui risuona col dentro e altri che stride e infastidisce e richiede un immediato tasto di cambia, cancella, spegni, smetti.
Per me l'Arte, pittura, musica, scultura, teatro e scrittura (il cinema meno, anche se Sorrentino mi piace ma devo vedermelo da sola, senza condividerlo, per respirarci insieme, non so spiegarlo né dirlo meglio) deve essere un compagno. Anzi, una compagna, visto che l'Arte è femmina.
Comunque in questi giorni va all'asta Il topolino di Damien Hirst.
Hirst è uno che non mi tranquillizza affatto ad esempio.
Mi spaventa, mi disgusta, mi strazia, mi disorienta.
Quando ho visto una sua mostra non riuscivo a guadagnare l'uscita e mi ritrovavo davanti questi incubosi cubi trasparenti, pieni di interiora sezionate e animali morti, nell'impossibilità di chiudere gli occhi e non lasciarmi invadere da un artista che vuole essere sgradevole.
La mostra più disgustosa che ho visto.
Nulla di pietoso, nel senso latino, nei confronti della morte, ma una curiosità crudele, un voyerismo sadico e macabro.
Non ho l'obbligo di comprendere qualcosa o di farmela piacere, proprio come gli altri non hanno l'obbligo di comprendere ME e di farsi piacere ME.
Come a me non piace (affatto) Hirst e che sia tra gli artisti viventi più cari al mondo non cambia la mia opinione.
Semmai il mio scetticismo e il mio interrogarmi sul cosa abbiamo dentro che risuona davanti ad un macello di corpi e ce lo fa preferire a infinite altre possibilità artistiche ed interpretative.
Delicate, ironiche, semplicemente allegre e colorate.
Un arte usufruibile ed utilizzabile, pret a porter come nell'illustrazione di SarahJane Szikora proprio sui pois di Hirst dal titolo "Damiens dress".
L'arte non è un obbligo, è una personale interpretazione.
Se ce ne vogliamo servire, ce ne serviamo a modo nostro, per un bisogno di bellezza - o bruttezza - interiore a seconda dei casi.
Di trovare risposte, di riconoscerci in frasi scritte da altri in altri luoghi e tempi.
Gente morta ma palpitante accanto a noi, che ci sussurra una storia, nei colori di un dipinto o nei segni di un libro, che fa bene proprio a noi.
Se non ci fa bene, servirà ad altri, ma non a noi.
Noi abbiamo il compito, anzi la grande opportunità, di scoprire l'arte per il nostro benessere.
Il nostro tempo è limitato, e se apriamo un libro sbagliato, quel tempo lo stiamo togliendo ad uno più giusto per noi, che magari non riusciremo a conoscere mai.
Per dire semplicemente, che anche trovare ciò che non piace, può essere un enorme propulsore.
Come quando, ormai dodici anni fa, incontrai Hirsh e provai schifo.
Se questa è arte, allora posso farla anche io, come piace a me.
Allora non importa quanto ti valutano gli altri, ma aver trovato qualcosa nella vita che la lascia scivolare lieta, come colore tra le dita.
Non in generale, per i critici, ma per te, nella tua di vita.
Per me deve placare l'inquietudine, far volare la mente, accarezzare l'anima.
Essere armonia per gli occhi, portare fuori nel tempo, attraversare campi di girasoli e stare accanto la scrivania di Pirandello mentre scrive una novella, guardare Matisse mentre ritaglia un fiore proprio per te che gli stai facendo compagnia insieme al suo gatto.
Deve sollevarmi lo spirito, o accogliere quello che c'è in me e sottolinearlo.
Come una musica di Brian Eno o una suite di Bach suonata da Rostropovich.
Ci sono momenti in cui risuona col dentro e altri che stride e infastidisce e richiede un immediato tasto di cambia, cancella, spegni, smetti.
Per me l'Arte, pittura, musica, scultura, teatro e scrittura (il cinema meno, anche se Sorrentino mi piace ma devo vedermelo da sola, senza condividerlo, per respirarci insieme, non so spiegarlo né dirlo meglio) deve essere un compagno. Anzi, una compagna, visto che l'Arte è femmina.
Comunque in questi giorni va all'asta Il topolino di Damien Hirst.
Hirst è uno che non mi tranquillizza affatto ad esempio.
Mi spaventa, mi disgusta, mi strazia, mi disorienta.
Quando ho visto una sua mostra non riuscivo a guadagnare l'uscita e mi ritrovavo davanti questi incubosi cubi trasparenti, pieni di interiora sezionate e animali morti, nell'impossibilità di chiudere gli occhi e non lasciarmi invadere da un artista che vuole essere sgradevole.
La mostra più disgustosa che ho visto.
Nulla di pietoso, nel senso latino, nei confronti della morte, ma una curiosità crudele, un voyerismo sadico e macabro.
Non ho l'obbligo di comprendere qualcosa o di farmela piacere, proprio come gli altri non hanno l'obbligo di comprendere ME e di farsi piacere ME.
Come a me non piace (affatto) Hirst e che sia tra gli artisti viventi più cari al mondo non cambia la mia opinione.
Semmai il mio scetticismo e il mio interrogarmi sul cosa abbiamo dentro che risuona davanti ad un macello di corpi e ce lo fa preferire a infinite altre possibilità artistiche ed interpretative.
Delicate, ironiche, semplicemente allegre e colorate.
Un arte usufruibile ed utilizzabile, pret a porter come nell'illustrazione di SarahJane Szikora proprio sui pois di Hirst dal titolo "Damiens dress".
L'arte non è un obbligo, è una personale interpretazione.
Se ce ne vogliamo servire, ce ne serviamo a modo nostro, per un bisogno di bellezza - o bruttezza - interiore a seconda dei casi.
Di trovare risposte, di riconoscerci in frasi scritte da altri in altri luoghi e tempi.
Gente morta ma palpitante accanto a noi, che ci sussurra una storia, nei colori di un dipinto o nei segni di un libro, che fa bene proprio a noi.
Se non ci fa bene, servirà ad altri, ma non a noi.
Noi abbiamo il compito, anzi la grande opportunità, di scoprire l'arte per il nostro benessere.
Il nostro tempo è limitato, e se apriamo un libro sbagliato, quel tempo lo stiamo togliendo ad uno più giusto per noi, che magari non riusciremo a conoscere mai.
Per dire semplicemente, che anche trovare ciò che non piace, può essere un enorme propulsore.
Come quando, ormai dodici anni fa, incontrai Hirsh e provai schifo.
Se questa è arte, allora posso farla anche io, come piace a me.
Allora non importa quanto ti valutano gli altri, ma aver trovato qualcosa nella vita che la lascia scivolare lieta, come colore tra le dita.