Henri Matisse cominciò a dipingere durante la convalescenza successiva ad un attacco di appendicite e che così facendo, per usare le sue parole, scoprì "una sorta di paradiso".
Sono più mondani, ma ugualmente potenti, gli effetti dell’attività artistica, goduta o praticata, dai pazienti in sempre più reparti ospedalieri:
musico-terapia, laboratori di teatro, arti motorie e pittura: programmi che allentando la tensione e distraendo l’ammalato, anche grave, hanno un impatto tangibile sulle sue possibilità di recupero e sulla sua qualità di vita.
Si pensa possano incidere sui costi sanitari, in quanto accelererebbero la guarigione e diminuirebbero il ricorso a terapie di diverso tipo.
Il rapporto relativo al 2009 della Society for the Arts in Health Care già dimostrava che il 45% degli istituti di cura negli Stati Uniti prevedevano programmi legati ad attività artistiche.
Piu' recentemente, al12esimo meeting annuale delle scienze infermieristiche applicate alle malattie cardiovascolari (12th Annual Spring Meeting on Cardiovascular Nursing) è stato presentato uno studio italiano in base al quale quei pazienti che apprezzano musica, teatro e pittura avrebbero migliori possibilità di guarigione ed una migliore qualità di vita dopo un ictus rispetto ai non estimatori d’arte.
Lo studio, coordinato da Ercole Vellone dell’Università di Tor Vergata, fa luce sull'importanza di una costante e appassionata esposizione alle diverse forme d’arte anche ai fini del recupero dopo un episodio grave come un ictus, che rimane la terza causa di morte e la prima di disabilità permanente fra la popolazione adulta occidentale. Su 192 pazienti che avevano subito un ictus, il ricercatore ha verificato che essere interessati all'arte, in qualsiasi forma, si associa a una qualità di vita migliore e in un recupero delle capacità più marcato.
Ai partecipanti è stato chiesto se amassero la pittura, la musica, il teatro e li vedessero come parte integrante delle loro vite prima e dopo l'ictus; i risultati indicano chiaramente che gli amanti dell'arte avevano uno stato di salute generale migliore e più energie, inoltre trovavano meno difficoltà a camminare; si sentivano più calmi, sereni e meno ansiosi o depressi, mostravano di avere una memoria più solida e comunicavano meglio, riuscendo a comprendere e ad esprimersi in maniera più adeguata rispetto a chi non aveva alcun interesse per l'arte. Dal punto di vista clinico le caratteristiche di entrambi i gruppi erano simili, per cui i risultati migliori fra gli amanti dell'arte non dipendono dalla gravità dell'ictus – spiega Vellone.
Questi dati sembrano suggerire che l'arte induca modifiche a lungo termine nel nostro cervello che si rivelano utili quando c'è da reagire a un evento negativo».
Secondo molti tutto dipenderebbe dalla dopamina, trasmettitore che aumenta il senso di piacere e gratificazione, prodotto in quantità, per esempio, dopo che ci si è esposti all'ascolto di musica.
«La dopamina migliora la qualità di vita e delle emozioni ogni volta che viene rilasciata nel cervello: adesso dovremo dimostrare che anche le altre forme d'arte, oltre alla musica, comportano un incremento della dopamina in circolo», osserva il ricercatore.
In attesa di conferme del meccanismo d'azione però un dato è certo: amare l'arte fa bene.
Se non altro perché circondarsi del bello solleva il morale.
Studi controllati e sistematici che analizzano l’effetto terapeutico dell’arte sono emersi solo in anni recenti.
La forma d’arte più accessibile, quindi anche più indagata, resta la musica.
Il suo influsso calmante è stato osservato soprattutto in pazienti affetti da dolore cronico o in infartuati per i quali la riduzione dello stress è cruciale. Ugualmente, la musica si è dimostrata preziosa per diminuire la depressione e i bassi livelli di autostima delle donne vittime di violenza domestica.
Le arti figurative, invece, hanno trovato particolare applicazione nel percorso terapeutico dei pazienti oncologici. In questi casi, spesso, risulta difficile verbalizzare dolore e frustrazione e il ricorso all'arte figurativa facilita l’espressione dei propri sentimenti, anche se in forma simbolica.
Aiuta inoltre a distrarre il paziente e ad aumentare il suo senso di identità, minato dalla malattia.
In alcuni casi è stato dimostrato addirittura che il ricorso all'arte riduce i tempi del ricovero.
Per le attività motorie, la ricerca è in continua espansione.
Sono stati pubblicati studi condotti soprattutto su pazienti anziani coinvolti in attività come tai chi e teatro, che confermano il legame fra benessere collegato di mente e corpo.
Il valore e l’effetto della scrittura meriterebbe quasi una trattazione a parte.
Sappiamo che il racconto scritto di esperienze traumatiche ha un effetto tangibile sulla salute del paziente, rafforza il suo sistema immunitario e riduce il ricorso al medico.
Nel caso specifico di pazienti affetti da HIV, è stato osservato che la pratica del cosiddetto “emotional writing” aumenta la conta dei CD4.
Nonostante questo ambito meriti e necessiti di ulteriori e scrupolose ricerche (la maggior parte degli studi, ad oggi, riguarda l’applicazione dell’arte-terapia ai malati psichiatrici), quindi, pare confermato il benefico influsso del coinvolgimento del paziente con attività artistiche, meglio ancora se antecedente alla malattia e al ricovero. È una conferma della visione in base alla quale la dimensione biomedica che si concentra su sintomi e malattia, beneficia sempre di un approccio più completo, olistico, alla persona.
Attraverso immaginazione e creatività, il paziente ritrova o rafforza la propria identità e attinge alla proprie riserve di energia, indispensabili per la guarigione.
Tratto da www.scienzainrete.it
The Connection Between Art, Healing, and Public Health: A Review of Current Literature. Heather L. Stuckey, and Jeremy Nobel, Am J Public Health. 2010 February; 100(2): 254–263.
«La dopamina migliora la qualità di vita e delle emozioni ogni volta che viene rilasciata nel cervello: adesso dovremo dimostrare che anche le altre forme d'arte, oltre alla musica, comportano un incremento della dopamina in circolo», osserva il ricercatore.
In attesa di conferme del meccanismo d'azione però un dato è certo: amare l'arte fa bene.
Se non altro perché circondarsi del bello solleva il morale.
Studi controllati e sistematici che analizzano l’effetto terapeutico dell’arte sono emersi solo in anni recenti.
La forma d’arte più accessibile, quindi anche più indagata, resta la musica.
Il suo influsso calmante è stato osservato soprattutto in pazienti affetti da dolore cronico o in infartuati per i quali la riduzione dello stress è cruciale. Ugualmente, la musica si è dimostrata preziosa per diminuire la depressione e i bassi livelli di autostima delle donne vittime di violenza domestica.
Le arti figurative, invece, hanno trovato particolare applicazione nel percorso terapeutico dei pazienti oncologici. In questi casi, spesso, risulta difficile verbalizzare dolore e frustrazione e il ricorso all'arte figurativa facilita l’espressione dei propri sentimenti, anche se in forma simbolica.
Aiuta inoltre a distrarre il paziente e ad aumentare il suo senso di identità, minato dalla malattia.
In alcuni casi è stato dimostrato addirittura che il ricorso all'arte riduce i tempi del ricovero.
Per le attività motorie, la ricerca è in continua espansione.
Sono stati pubblicati studi condotti soprattutto su pazienti anziani coinvolti in attività come tai chi e teatro, che confermano il legame fra benessere collegato di mente e corpo.
Il valore e l’effetto della scrittura meriterebbe quasi una trattazione a parte.
Sappiamo che il racconto scritto di esperienze traumatiche ha un effetto tangibile sulla salute del paziente, rafforza il suo sistema immunitario e riduce il ricorso al medico.
Nel caso specifico di pazienti affetti da HIV, è stato osservato che la pratica del cosiddetto “emotional writing” aumenta la conta dei CD4.
Nonostante questo ambito meriti e necessiti di ulteriori e scrupolose ricerche (la maggior parte degli studi, ad oggi, riguarda l’applicazione dell’arte-terapia ai malati psichiatrici), quindi, pare confermato il benefico influsso del coinvolgimento del paziente con attività artistiche, meglio ancora se antecedente alla malattia e al ricovero. È una conferma della visione in base alla quale la dimensione biomedica che si concentra su sintomi e malattia, beneficia sempre di un approccio più completo, olistico, alla persona.
Attraverso immaginazione e creatività, il paziente ritrova o rafforza la propria identità e attinge alla proprie riserve di energia, indispensabili per la guarigione.
Tratto da www.scienzainrete.it
The Connection Between Art, Healing, and Public Health: A Review of Current Literature. Heather L. Stuckey, and Jeremy Nobel, Am J Public Health. 2010 February; 100(2): 254–263.