Metto me stessa in bilanci improbabili, in cui da una parte c'è la carriera manageriale, l'ufficio con vista a Madison Avenue e uno stipendio a molti zeri.
Dall'altra la mia vita di adesso, in cui i tailleur li indosso di rado, per gli eventi e i concerti. (Il concetto di stipendio è scomparso).
Ricevo più spesso totalmente senza scarpe, mi fa ridere questa cosa, è automatico ricordare la voce di mamma che mi dice che non posso stare a piedi nudi, prendo freddo.
Qui c'è il parquet, ed è quasi estate, però è strano, ricevere in vestiti comodi e magari già pieni di pittura.
A volte mi metto a dipingere senza premeditazione, ed allora sporco ancora più vestiti, con il risultato che c'è colore sparso su molti vestiti, pareti, mobili, porte.
Creo cerchi, sulla tela e cerchi di persone.
Persone che quando arrivano iniziano a comprendere che c'è da divertirsi e non ci saranno esami né giudizi, ma fluire, far fluire emozionare ed emozionarsi.
Così mi trovo un po' divisa, tra i giorni in cui camminavo sicura sui tacchi calpestando soffici tappeti, di quelli che ci affondi dentro e attutiscono il suono e la velocità .
C'era un piano intero a Madison Avenue con le collezioni dei colori, divise per brand.
Mi arriva un altro ricordo, ero in L'Oreal allora, forse a Parigi o era ancora Torino.
Fecero scendere dal cielo un espositore, creando un atmosfera da atterraggio marziano.
Adesso gli effetti speciali li preparo io.
La bellezza è quella offerta dalla vista su Roma, dai materiali che preparo copiosi e da quello che il cerchio di persone crea ogni volta.
Eppure ogni tanto mi pare irreale, questa vita e quella.