Quando mi dicono lascia stare, interpreto nella mia mente come: lascia perdere.
Fregatene.
Non è semplice lasciar andare quando è questa l'interpretazione, quando dentro di noi la perdita in sé un trauma, un pericolo, una profonda paura da cui rifuggire.
Fregarsene sembra impossibile, quando si parla di persone a cui tieni, si parla di te, o anche di persone che non conosci ma vedi che si stanno facendo del male, e ne stanno facendo ad altri.
Ma anche intervenire sempre, ergersi a giudice che dirime le dispute, che discerne il giusto dalla sbagliato, che in fondo toglie la dignità all'altro di poter scegliere, ed anche sbagliare, da solo.
Non si può cercare di far capire se l'altro non vuole.
Le parole sono semplici segni sul foglio e suoni, ma a volte possono aiutare a vedere nuovi punti di vista, anche nel lasciar perdere.
Prendi tu quella che ti serve, se ti serve, e le altre, lasciale andare.
Lasciar andare non significa non interessarsi,
ma smettere di credere di aver potere al posto degli altri.
Lasciar andare non significa fregarsene,
ma lasciare che l’esperienza sia consigliera, non le parole.
Lasciar andare non è vittimismo,
ma la profonda certezza che spesso gli effetti non dipendono da noi.
Lasciar andare non corrisponde ad una critica,
ma ad un atto di estrema fiducia.
Lasciar andare non è imporre nuove catene,
ma permettere alla libertà di ognuno di esprimersi.
Lasciar andare non è ancorarsi al passato,
ma vivere pienamente un nuovo futuro.
Lasciar andare non è un atto egoistico,
ma è il coraggio di scoprire il nuovo che si svela di fronte a noi.
Lasciare andare non è dominio e controllo,
ma un atto i fede perché la vita si sveli.
Lasciar andare non è cedere ai fardelli della vita,
ma credere che siamo nati per uno scopo elevato.
Lasciar andare non è soffrire,
ma permettere alla gioia di abitare in noi.
Lasciar andare non è di domani,
ma è di un oggi che aspetta di essere vissuto.
Lasciar andare… libera, purifica, migliora… lasciare andare… è accogliere la gioia.
Stephen Littleword