
Consideralo parte del processo di apprendimento.
Quando sento dire "è difficile", mi viene in mente quest'aforisma di Thomas Fuller:
Tutto è difficile prima di diventare facile.
Attraversare la difficoltà è una tappa- quasi sempre obbligata - per raggiungere le cose che dici di volere.
Perché, ogni volta che inizi qualcosa di nuovo, sembrerai goffo, buffo, imbranato.
Ma proprio questo ti aiuta a apprendere, a crescere.
Le persone desiderano tante cose, ma quando si accorgono che cambiare ha un costo, che voler cambiare qualcosa vuol dire essere disposti a utilizzare risorse di tempo, denaro, di rischi e imprevisti, si fermano.
Perciò restano nel lamento, guardando chi c'è riuscito, scordandosi che loro hanno mollato, e che di solito, ci sono sacrifici e fatica, sperimentarsi in qualcosa di nuovo vuol dire essere pronti a sbagliare e ri-sbagliare ancora, sentirsi incapaci.
C'è chi pretende di riuscire in qualunque nuova attività al massimo.
Magari perché negli sport è stato così, o nello studio gli sono bastate poche ore per raccogliere sempre il massimo.
Di questi personaggi ne esistono, e io li ho incontrati.
Inutile e frustrante paragonarsi a loro, perché - probabilmente - lo sport o lo studio o qualunque cosa eccellono appena iniziata, potrebbe essere un loro talento innato.
Come un bimbo che si siede al pianoforte e suona senza averlo mai studiato.
In tutti gli altri casi, gli umani, cioè noi, la maggioranza, prima di poter diventare bravi in qualcosa, dobbiamo prepararci a passare sotto le forche del non sentirci affatto bravi, né competenti.
Frustrazione, impazienza, confusione, noia.
E, la tentazione suprema di voler smettere.
Sei - semplicemente- uscito dalla tua zona di comfort, quella comodissima poltrona che conosci bene, l'abitudine.
Se non provi, non lo sai.
Se non provi qualcosa di nuovo, torni al conosciuto.
Potresti voler cambiare, conoscere una nuova lingua, provare una nuova ricetta, una spiaggia o un ristorante.
E poi potresti DOVER cambiare, perché c'è la vita che ti spinge, a volte tuo malgrado, a sperimentare un nuovo lavoro, colleghi che non conosci, nuovi ruoli e città.
Fuori dall'abitudine c'è il nuovo, per forza.
E' quel processo di apprendimento che associa magari la curiosità al fastidio, l'entusiasmo alla paura.
Come sarà lì fuori?
E' una tua scelta, puoi tornare correndo al divano.
Oppure piangerti addosso, se ritieni che qualcun altro sia il cattivo che ti ha messo in quella situazione.
Puoi incavolarti e provare, provare fino a riuscirci e stimarti per questo.
Abile nel processo, non nel risultato. O almeno, non ancora.
Abbraccia il "fare schifo" suggerisce Leo Babauta di zenhabits.
Fare schifo non è un giudizio, è un dato di fatto.
E' una possibilità, è una libertà finanche.
Pretendere di fare tutto alla perfezione è una gabbia per la creatività e per l'apprendimento.
Pretendere di controllare tutto è fantasia.
Si procede per tentativi successivi, diceva Thomas Edison
Non mi scoraggio perché ogni tentativo sbagliato scartato è un altro passo avanti.
La perseveranza, la resilienza, l'attitudine al problem solving questo possiamo guadagnare nello spingerci nei territori sconosciuti.
Oltre al conoscere noi stessi meglio, e osservare come funzioniamo, come e dove possiamo cambiare il funzionamento dove ci procura danno.
O di nuovo, semplicemente osservare, e prendere atto che ci sarà un tempo, lo sai già in anticipo, in cui sembra tutto confuso e frustrante, e poi la superi.
Se continui a perseverare.
Ricordo quando ho imparato a leggere in greco.
Ho dovuto attraversare la fase di provare, riprovare, sbagliare, vedere le lettere accavallarsi fino a quando ho iniziato a scivolare tra quei segni, continuavo a non capirne il significato, ma li padroneggiavo totalmente nella lettura.
Fluida, immersa dai suoni antichi emessi dalla mia voce.
Un territorio sconosciuto fino a qualche mese prima, improvvisamente era un campo di benessere e piacere per me.
Mentre scrivo, e solo ora, mi vengono in mente altre volte della vita in cui ho tentato.
Quando sono riuscita a portare il surf da sola, o a sciare sull'acqua, o a salire sullo Stromboli, o cantare in un coro.
Ma anche saper fare un check in, o la spesa.
Ognuno ha le sue aree di difficoltà che per altri sono solo semplici azioni quotidiane.
Cosa provi nei confronti di qualcuno che, palesemente sta facendo una cosa per la prima volta?
Fastidio, superiorità, impazienza?
Ben probabile che quello stesso atteggiamento critico lo avrai nei tuoi stessi confronti quando fai qualcosa di nuovo.
Così che fai? Lasci perdere?
Desisti o insisti?
Chiediti quando è stata l'ultima volta che ti sei davvero impegnato ad apprendere qualcosa per te, a provare una dose di tenerezza mista a fastidio per quell'incertezza dei primi passi, fino a provare l'ebbrezza di sentire che ci sei quasi, ecco, ancora qualche scivolone e poi via.
Quando ti senti incapace, un completo fallimento, quando ti dici che non sei bravo in questo o in quello, fai l'elenco delle cose che hai provato.
Saperlo potrebbe esserti utile anche a saper rispondere prontamente ad una domanda possibile di un colloquio di lavoro:
quali obiettivi hai raggiunto e quali ostacoli hai superato.
o ancora quali punti di debolezza, da cosa è motivato, etc, etc.
Iscriviti ad un corso o ad un esperienziale, e immergiti nella scoperta di te.
Sperimenta qualcosa per il gusto del gioco in sé, del fare senza obiettivi di grandezza, senza traguardi che non il puro e semplice esserci lì per te.
Come per i mattoncini di lego, o le dita nella pittura, o a modellare la creta.
Qualunque cosa tu voglia sperimentare.
Nella soddisfazione non del risultato, ma del processo, del tuo.
Da una parte c'è il rischio, e dall'altra l'opportunità.
Da una parte la rinuncia, dall'altra la scoperta.
Di un nuovo divano confortevole dove stenderti, stanco e muscoloso di nuove competenze.