
Si richiedono competenze tecniche, specifiche della posizione, ma sopratutto un ruolo richiede competenze di tipo relazionale.
Le prime di solito sai dove acquisirle: testi, scuole, e poi università.
Poi cresci, ne ricopri diversi e ti accorgi che non è poi tanto facile.
Specie per le altre, quelle relazionali, nessuno te le insegna.
Guidare persone (to lead- leadership), o rispondere ad altre (to follow- followers). Di solito entrambe.
Dare ordini o dare consigli, farsi rispettare e niente telefonini in classe, dare feedback e non giudizi.
Fermare giudizi e facilitare feedback.
Scrivere un brief senza essere direttivi, ma chiari.
Lasciare spazio alla fantasia e alla creatività pur nel rispetto di codici da preservare.
Ci sono segnali da cogliere, comprendere o interpretare, regole di solito non scritte, che spesso cambiano anche da contesto a contesto.
Un po' come le regole di una famiglia, ognuno ha le sue.
Alcune esplicitate, altre nascoste, ma non meno importanti.
Le competenze relazionali le scopri in te andando avanti, le coltivi, ti conosci sul campo.
Sei un direttore d'orchestra, un solista o un giocatore di squadra.
Non le puoi inventare o fingere, di solito esce fuori come sei davvero.
L'importante è non credersi team player e scoprire che il tuo team ti considera il direttore d'orchestra.
O che hai il ruolo da direttore, ed invece riesci ad essere un semplice solista.
Un ruolo interpretato quando non hai l'esperienza, l'empatia, la flessibilità, la preparazione ed un sacco d'altro...può essere micidiale.
Per te che lo porti con fatica e/o per chi ti subisce, perché sei inconsapevole del vestito che ti sei messo, troppo grande o troppo stretto, troppo vistoso o troppo dimesso.
Di solito un corso o un percorso di crescita personale è proprio adatto a quel tipo di competenze che si apprendono con l'esperienza, quando non hai tempo per aspettare di fartela sul campo.
O quando lo stress del gioco "vero" ti costringe a dover apprendere rapidamente altrove come si fa, cosa fai bene, e cosa hai da migliorare.
Un ruolo è anche quello del genitore, e troppi credono basti esserlo per saperlo fare.
Anche lì, affacciatevi ad un corso di sostegno ai genitori, potrà essere illuminante e facilitante per il compito della vita che avete davanti e di quelle di cui siete responsabili.
Comunque voglio condividere una chiara direzione che mi è stata data per ricoprire un ruolo, che ho trovato molto chiara ed utile:
Be friendly with them, but you're not their friend.Questo approccio aiuterà il gruppo che gestite, ed aiuterà voi.
Sii amichevole con loro, ma non sei loro amica.
Aiuterà me, perché ogni ruolo coinvolge sempre le relazioni, l'attaccamento, le simpatie e i desideri di piacere e farsi accettare.
I confini sono necessari.
Se mettete su un muro, c'è incomunicabilità.
Se non ci sono, si crea confluenza, confusione (essere con-fusi. Non c'è adeguata separazione tra le persone che non sanno dove finiscono loro e dove inizia l'altro. Se non lo imparano in famiglia, si portano il problema a lungo, perché il confine non si crea per magia, ma con duro lavoro, specie quando nessuno ce l'ha insegnato).
Invertire i ruoli è deleterio in ogni contesto.
Poiché ognuno di noi nella vita ne riveste più di uno, serve allenamento continuo.
Serve avere occhi ed orecchie ben aperti senza diventare paranoici, serve essere pronti a riconoscere l'errore e rimediare, serve essere pronti a riconoscere il nostro posto e quello dell'altro.
Riconoscere che a volte può esserci desiderio di vicinanza non condiviso dall'altro lato.
A volte la distanza scelta da altri può essere fredda e disagevole.
Ma di nuovo, più ci conosciamo, più diventiamo bravi a comprendere quale vestito indossare al mare, quale in montagna.
Non ci arrabbieremo più di essere criticati se saremo in grado di capire il confine.
E' la nostra responsabilità di scegliere vestiti adatti al ruolo, foto adatte al ruolo, parole adatte al ruolo, senza per questo sentirci meno veri e meno congruenti con noi stessi.
Perché davvero siamo uno, nessuno e centomila.
Chi sceglie di essere sempre lo stesso uno, è limitato e limitante. Spaventato e spaventante.
Di bello c'è davvero da cogliere la stupefacente complessità e ricchezza umana, le straordinarie somiglianze nelle differenze e le differenze nelle somiglianze.
Possiamo guadagnare in: relazioni nutrienti, soddisfazioni, respiro, benessere per tutti.
Oppure prenderemo la nostra responsabilità di aver usato il ruolo in modo errato, interpretato male il confine, non averlo visto, averlo invaso o esserci fatti invadere.
Riconoscere che a volte può esserci desiderio di vicinanza non condiviso dall'altro lato.
A volte la distanza scelta da altri può essere fredda e disagevole.
Ma di nuovo, più ci conosciamo, più diventiamo bravi a comprendere quale vestito indossare al mare, quale in montagna.
Non ci arrabbieremo più di essere criticati se saremo in grado di capire il confine.
E' la nostra responsabilità di scegliere vestiti adatti al ruolo, foto adatte al ruolo, parole adatte al ruolo, senza per questo sentirci meno veri e meno congruenti con noi stessi.
Perché davvero siamo uno, nessuno e centomila.
Chi sceglie di essere sempre lo stesso uno, è limitato e limitante. Spaventato e spaventante.
Di bello c'è davvero da cogliere la stupefacente complessità e ricchezza umana, le straordinarie somiglianze nelle differenze e le differenze nelle somiglianze.
Possiamo guadagnare in: relazioni nutrienti, soddisfazioni, respiro, benessere per tutti.
Oppure prenderemo la nostra responsabilità di aver usato il ruolo in modo errato, interpretato male il confine, non averlo visto, averlo invaso o esserci fatti invadere.
Le possibilità - di benessere o malessere- sono infinite.
A voi la scelta (possibilmente consapevole).